"Dallas arriva
fuori tempo" |
Nel breve
volgere di una settimana
Canale 5 precipita dal
32 per cento della
Rock Economy molleggiata
al tragico 8 di
Dallas .
Quel Texas aristocratico, pieno di piscine, belle donne e intrighi, somigliava alla Brianza degli imprenditori costellata da ville con parco che aveva nella «Milano da bere » la capitale morale. L’edonismo reaganiano funzionava da substrato ideologico di quella rutilante corsa al benessere. E la sera tanti correvano «a casa in tutta fretta» per vedere il «Biscione che ti aspetta». Oggi dominano il rigorismo merkeliano e l’austerità montiana. Soprattutto siamo in piena recessione. E non basta contrapporre la diagnosi di un tumore a Bobby Ewing alla scoperta di un nuovo pozzo per mitigare il trionfalismo del turbo-capitalismo made in Usa. Né contrapporre il figlio ecologista di Bobby, Christopher, allo spregiudicato erede di J. R., John Ross III, per innescare un presunto dibattito di attualità tra profitto e rispetto dell’ambiente. Oggi si ha meno entusiasmo anche per seguire trame e doppi giochi amorosi delle compagne dei pupilli rampanti degli Ewing. Somiglia troppo a Beautiful questo Dallas . Anzi, somiglia troppo a se stesso. Forse il marchio originario era troppo forte per essere aggiornato. In questi vent’anni proprio le serie americane hanno mostrato molta più sintonia con lo spirito del tempo. Le puntate rimanenti sono nove. Traslocheranno su Rete4 o in daytime? |
La
tv torna insomma a ficcare il naso nel ranch
di South Fork tra le nuove generazioni di
petrolieri del clan Ewing che, se buon
sangue non mente, se ne faranno di tutti i
colori.
La critica attendeva al varco. Ed ecco come
si è espressa dopo la visione della premiere
di due ore.
"E' al tempo
stesso vecchio e nuovo, un confortevole
attacco di nostalgia che diventa fresco
guilty pleasure", il parere di Tom
Gliatto di
People Weekly.
"Il nuovo
Dallas è più ridicolo, lezioso,
irragionevole e così completamente esagerato
da rasentare la pazzia. E queste sono solo
una minima parte delle ragioni per amare
questo show" commenta con entusiasmo
Linda Stasi sulle pagine del
New York
Times
"I suoi occhi
si animano e comincia la festa",
osserva Robert Lloyd per il
Los Angeles
Times a proposito del gran rientro
del Super villain J.R./Larry Hagman.
"E' estate, è
Dallas: probabilmente è meglio che nessuno
si interroghi troppo e prenda lo show per i
10galloni di intrattenimento che offre"
è invece l'invito dell'Huffington
Post.
"Se eravate
fan di Dallas, una volta che ascolterete
l'iconica sigla, completa di split-screen,
ogni resistenza sarà futile", attacca
così la recensione pubblicata dal
Boston
Globe che sul finale si mostra però
impermeabile al canto della sirena e ammette
che J.R. a parte, "il
resto è minestra riscaldata".
Il Miami Herald dubita
dell'efficacia dell'operazione ricordando
che la forza dell'originale risiedeva nello
sdoganamento di eccessi e nefandezze e,
considerando la piega trash che caratterizza
i palinsesti di oggi "il
povero J.R. in vecchiaia rischia di
diventare rispettabile".
Un rifiuto secco arriva infine dall'Hollywood
Reporter che si fa portavoce dei
(pochi) detrattori lanciando un sentito
appello: "Anche
se vi nutrite di nostalgia, non tornate a
Dallas!"